Di solito non riesco ad inserire il mio approccio artistico in definizioni specifiche o esclusive mentre lo vedo meglio descritto da definizioni multiple e più inclusive. Ci sono però due nomi nell’ambito dell’arte contemporanea più recente che mi piacciono particolarmente e nelle cui descrizioni mi ritrovo con molti degli intenti dei vari progetti artistici e sono quella di Arte relazionale e Arte Partecipativa.
Entrambe incarnano in qualche modo l’aspirazione più ampia – e a mio avviso più evoluta – del paradigma comunicativo attuale dell’era di internet e cioè lo User Friendly (l’utilizzo facilitato), il Do it Yourself (la possibilità di fare da solo) e
l’interconnessione/interattività.
Condivido infatti la visione dell’Arte relazionale “al cui centro vi è la convinzione che l’uomo sia un animale creativo, in cui l’artista si adopera per creare dispositivi in grado di attivare la creatività del fruitore trasformando l’oggetto d’arte in un luogo di dialogo, confronto e, appunto, di relazione in cui importante è il processo, la scoperta dell’altro, l’incontro. Rispetto all’opera d’arte tradizionale… che è osservabile in qualsiasi momento a da un pubblico generale e universale, l’opera d’arte relazionale deve essere fruita in un momento preciso e da un pubblico chiamato per l’occasione… trasformando l’evento espositivo in un percorso di crescita e di presa di coscienza delle dinamiche della vita quotidiana e dell’azione individuale” (http://www.artispresent.it/arte-relazionale.html)
Il termine Arte relazionale fu originariamente usata dal critico d’arte francese Nicolas Bourriaud che definì questo approccio come “un insieme di pratiche artistiche che considerano il loro punto di partenza teorico e pratico l’insieme delle relazioni umane e del loro contesto sociale, piuttosto che uno spazio privato e indipendente…In cui l’artista può essere visto più accuratamente come il ‘catalizzatore’ nell’arte relazionale, piuttosto che essere al centro”.
Inoltre dedica una parte del libro a Félix Guattari che partendo dalla sua pratica professionale di psicoanalista, riconosce il ruolo dell’opera artistica “come elemento “terapeutico”, utile a stimolare positivamente la soggettività per liberarla dall’alienazione e omologazione tipiche della realtà capitalistica”.(Bourriaud, Nicolas, Relational Aesthetics)
Ecco queste sono parole che potrei usare per descrivere vari miei progetti nati in questi ultimi anni dagli spettacoli ai workshop, dai percorsi interattivi agli atti evolutivi.
Tutto questo si inserisce anche su un tema più ampio di cosa significa per me uno spazio o un’istituzione artistica pubblica come musei, gallerie, teatri.
Una volta dissi ad una curatrice che la funzione del museo dovrebbe essere secondo me come una nuova chiesa, un tempio, uno spazio dove ci si prende del tempo di qualità per stare con se stessi, dove riqualificare le uscite fisse o rituali.
Il punto principale è che si esca veramente nutriti da questa esperienza.
Unire arte e vita, musei e introspezione.
Vi propongo un breve e focalizzato excursus su questo tema:
“Tema fondamentale della ricerca dell’Arte Relazionale, che si sviluppa nella seconda metà degli anni ’90, è il rapporto tra arte e vita… L’artista relazionale, abbandonando l’idea della produzione di un qualsiasi oggetto artistico e si concentra sulle possibilità di intervento sulla persona, la propria e quella del fruitore, in un rapporto di reciproche influenze ed interelazioni: l’arte diviene così luogo di incontro, dialogo e confronto in cui l’artista gestisce con metodologie proprie il compiersi della finalità dell’opera.
Non è difficile individuare i prodromi di questo tipo di arte in correnti quale ad esempio Fluxus, il GRAV o il Gruppo T che scriveva accanto alle sue opere in mostra “Si prega di toccare”, invitando esplicitamente il visitatore ad un intervento diretto, o in linguaggi espressivi come la Body Art, l’Happening, la Performance ed in genere in tutti i movimenti ad indirizzo concettuale dagli anni ’60 in poi, nei quali lo spettatore viene chiamato alla collaborazione, divenendo esso stesso parte dell’opera attraverso la sua partecipazione attiva.
L’Arte Relazionale, che ripensa in modo nuovo le figure dell’artista, dell’opera e del pubblico fruitore, va alla ricerca dell’origine di una sorta di creatività collettiva che si esprime attraverso pratiche artistiche nuove nei modi, nelle tecniche e nelle finalità, per la quale non è importante l’opera, ma la sua motivazione, la processualità attraverso la quale si compie, in una “zona di confine indistinta tra io e noi” come la definisce Carolyn Christov-Bakargiev, dove la “relazionalità” introduce la “necessità” della collaborazione artista-fruitore…trasformando l’evento espositivo in un percorso di crescita e di presa di coscienza delle dinamiche della vita quotidiana e dell’azione individuale all’interno di un contesto sociale collettivo” ( da Arte Relazionale di Vilma Torselli)
In questo contesto si inserisce il secondo termine quello di Arte Partecipativa in cui si intende per l’appunto l’intero campo del lavoro artistico collaborativo, in cui gli artisti coinvolgono il pubblico nel fare arte.
Questo è il terreno su cui nascono e fioriscono le opere stesse nei corsi, negli spettacoli e percorsi interattivi. In questi ambiti del mio lavoro infatti il punto di partenza è un input iniziale che si avvale di progetti, performance, istallazioni già realizzate da me in passato che vengono ora messe a disposizione dei partecipanti.
In questo processo si aggiungono così nuove ispirazioni e si intersecano direzioni diverse. Le opere si colorano di sfumature e interpretazioni date dalla nuova individualità che le sta animando, arricchendosi di volta in volta di elementi sempre più variegati o specifici.
Una dichiarazione e un’esperienza diretta del valore stesso della creatività insita in ciascuno di noi e di quanto il processo creativo e comunicativo, di quanto l’interconnesione e la partecipazione, siano insite alla natura stessa dell’essere umano e sopratutto fondamentali per la sua evoluzione sia individuale che come specie.
Per tutto questo la documentazione di queste opere, le immagini che si raccolgono nelle performance o negli spettacoli o nei percorsi, spesso non riescono a rendere giustizia al risultato e alla meraviglia che si crea grazie alle interazioni e alle partecipazioni attive che si verificano durante i vari progetti.
Spesso infatti insisto molto sul chiedere e far lasciare feedback o condivisioni che si trasformano nei veri testimoni di queste esperienze così preziose, potenti e delicate insieme, che possono così rivivere e vibrare di vita propria nel tempo.
“Comprare esperienze di vita anziché oggetti materiali…Investire in esperienze significative che aumentino la consapevolezza di se stessi, del valore della vita, del benessere non inteso come semplice appagamento sensoriale ma come qualità della vita e comprensione di sè” (Daniel Lumera – L’arte di far succedere le cose)
Ecco sia l’Arte Relazionale che l’arte Partecipativa se nascono da questi intenti diventano esperienze significative che aumentano la consapevolezza di se stessi, del valore della vita, del benessere dato dalla comprensione di sé.
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